Ho scritto molto - nei libri già pubblicati da importanti Case Editrici - e continuerò a scrivere sull'Arte, rintracciando il nesso spirituale che la realizza come profonda riflessione dell'esperienza umana. Negli anni ho anche messo la mia penna a disposizione degli artisti, esprimendo con chiarezza meditativa i loro messaggi.

Nella crisi attuale, l'Arte deve assumersi la responsabilità di approfondirsi, divenendo il veicolo creativo ed esemplare del nuovo; per questo diviene ancor più rilevante la sua capacità di comunicazione. In tale prospettiva, anche la scrittura sull'Arte assume un nuovo significato: cessando d'essere un'esercitazione di mestiere, deve saper esprimere la vitalità intuitiva che può raggiungere il cuore delle persone, per resuscitarlo col sentore di ciò che è vero.

In questo sito intendo donare visibilità agli artisti che hanno deciso di avvalersi della mia scrittura per presentare il loro lavoro. Inoltre presento le mie meditazioni su importanti artisti storici.


SATVAT E' ARTISTA VISIVO E SCRITTORE

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giovedì 25 novembre 2010

Satvat su Henri Michaux

A mio parere, Henri Michaux non è stato un pittore; piuttosto un grande scrittore, che ha scritto anche con la pittura. In modo estremo, massimamente franco e disarmante. Comunque ai suoi dipinti ha riservato un posto speciale, nel giardino in cui ha coltivato i tesori dell'arte della scrittura. Stregato dalla calligrafia dell'Estremo Oriente, Michaux ha cercato il potere misterico delle matrici dei segni, quella virtù esoterica che, si diceva nei tempi antichi, aveva fatto fuggire i demoni, intimoriti perché con l'invenzione degli ideogrammi l'uomo aveva acquisito la supremazia su di loro. Ma i suoi segni sono antenati illogici degli ideogrammi, balbettamenti di un alfabeto non formato, mai pronunciato, antecedenti ad ogni idea ed alla stessa intenzione di comunicare.

Infatti l'artista non ha affatto inteso comunicare (per questo dico che la sua non è effettivamente pittura), piuttosto sperimentare in solitudine l'origine ancestrale del segno: le linee di frattura del dischiudersi dell'uovo del silenzio. Lo ha fatto scardinando ogni possibile riconoscimento linguistico, usando il pennello non per tracciare segnicamente un contenuto, ma per miscelare l'informe, e da questo trarre l'infinitesimo segnale di una genesi in atto. L'uso di sostanze psicotrope ha aiutato l'artista a scavallare la normativa del pensiero, sino all'agnosia in cui la mano viene mossa da un puro istinto del tutto impersonale. I suoi dipinti mescalinici non mostrano l'intervento di un pittore, appaiono piuttosto tracciati da insetti striscianti, da cadute di foglie tingenti, da polveri depositate; una magia del caso, ma di un caso tutt'altro che privo di senso, affine al Li con cui gli antichi taoisti definivano l'ancestrale saggezza universale che aveva venato la giada, o il legno.

Il caso agente nella pittura di Michaux è infatti molto meno casuale di tante sterili operazioni dell'Arte contemporanea, perché lì egli ha fortemente meditato, percependo l'armonia nascosta. Sfuggendo al desiderio di esibire e di conferire un arbitrario significato, egli ha assaporato il nulla sperimentando il minimo, e suscitato significato solo in virtù della propria onesta preghiera. Questa onestà, qualità sovrana di ogni vero artista, è ciò che maggiormente apprezziamo.

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