Ho scritto molto - nei libri già pubblicati da importanti Case Editrici - e continuerò a scrivere sull'Arte, rintracciando il nesso spirituale che la realizza come profonda riflessione dell'esperienza umana. Negli anni ho anche messo la mia penna a disposizione degli artisti, esprimendo con chiarezza meditativa i loro messaggi.

Nella crisi attuale, l'Arte deve assumersi la responsabilità di approfondirsi, divenendo il veicolo creativo ed esemplare del nuovo; per questo diviene ancor più rilevante la sua capacità di comunicazione. In tale prospettiva, anche la scrittura sull'Arte assume un nuovo significato: cessando d'essere un'esercitazione di mestiere, deve saper esprimere la vitalità intuitiva che può raggiungere il cuore delle persone, per resuscitarlo col sentore di ciò che è vero.

In questo sito intendo donare visibilità agli artisti che hanno deciso di avvalersi della mia scrittura per presentare il loro lavoro. Inoltre presento le mie meditazioni su importanti artisti storici.


SATVAT E' ARTISTA VISIVO E SCRITTORE

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martedì 9 novembre 2010

Satvat per Sigawayan

Sigawayan - Risveglio dell'Apocalisse I - II (dittico)
Nella pittura di Sigawayan (nome d'arte di Wong Wing Kuen) si mescolano i fluidi artistici dell'Oriente e dell'Occidente. Tali correnti impetuose, incontrandosi, originano mulinelli fortemente cromatici e spume sognanti; tuttavia sono effettivamente sincroniche ed integrate nel tessuto meditativo dell'Arte, in un modo che supera le contraddizioni apparenti e svela l'Unità segreta. Così la provenienza orientale dell'artista risulta tutt'altro che esotica, piuttosto porta un arricchimento della visione che promana dall'Interiore. 

Mentre in Occidente la pittura classica guardava fuori e in alto, perfezionando il disegno a imitazione della Natura e, spiritualmente, delle immagini della Religione e del Mito, l'Estremo Oriente sfumava pittoricamente nell'indeterminabile, portando lo sguardo all'interno, in una soggettività tanto profonda da raggiungere meditativamente l'arcano della matrice. Dall'epoca moderna, l'Arte occidentale ha celebrato le contraddizioni dinamiche, secondo un'epica propulsiva che ha inteso conquistare un nuovo senso, esistenzialmente spiritualizzato; però, come ho ampiamente discusso nel mio libro Il Tao della Pittura, tale eroico impegno può costruire un colosso dai piedi d'argilla, o un astruso, se la creazione non è interiormente sostenuta dalla consapevolezza e dalla meditazione. Per questo molti grandi pittori del Novecento si adoperarono a riscoprire in loro stessi, e a ricreare, le lezioni meditative della Tradizione orientale, meno canoniche e più focalizzate sull'esperienza individuale. 

Accogliendo globalmente tale eredità artistica, anche in virtù del proprio vissuto tra Oriente e Occidente, Sigawayan ponteggia le due Culture rispondendo all'attuale melting-pot culturale in cui si confrontano e fermentano i nuovi stimoli dell'Arte. Nel corso della sua lunga permanenza a Firenze, egli ne ha esplorato gli stimoli più pregnanti, apprendendo persino la pittura mistica delle icone, ma al contempo ha mantenuto la fierezza dell'identità e la libertà della ricerca espressiva. Il suo mondo pittorico si dischiude con inflorescenze vivamente cromatiche, che ci ricordano l'amore degli antichi pittori estremo-orientali per i fiori, e la strutturazione plastica dei suoi dipinti riverbera talvolta gli intendimenti della pittura cinese del paesaggio, che concerta i diversi elementi nell'armonizzazione di Yin e Yang; altre volte degli inserti in bianco e nero richiamano la ricchezza tonale della pittura ad inchiostro. 

Il pittore segue l'antico precetto orientale di dipingere nel cerchio, simbolo onnicomprensivo del Tao, perciò le sue forme si avviluppano, quasi botanicamente, in modo fluido e circolare, con un metamorfismo dinamico da cui evolvono perennemente. Tale circolarità, che è espressione della virtualità armonicamente creativa dell'energia interiore, è stata scoperta in Occidente dall'Arte Moderna, e da questa applicata in modo irrazionalmente eversivo; molti artisti moderni hanno con ciò rinnegato il rigore, liberando il Creativo feminino, selvaggio e iconoclasta. Perciò contemplando l'opera di Sigawayan possiamo trovare delle similitudini con le astrazioni organiche di Arshile Gorky, o con quelle di Andrè Masson, e persino con i deliri cerchiati di Co.Br.A; ma il distacco orientale dell'artista lo mantiene in ineffabile equilibrio. Vi è comunque un pathos primigenio, e anche la contemplazione dell'abisso, ma ogni sentore d'annichilimento contiene coscienziosamente e gioiosamente il seme della rinascita, dell'irrefrenabile mutamento. 

La qualità estremo-orientale di Sigawayan è soprattutto nel suo essere pittore della linea, con la quale ricama i suoi fastosi universi, e nobile seguace dell'impulso calligrafico. Il tesoro spirituale della calligrafia orientale è il protagonista assoluto di alcuni dipinti, in cui effettua componimenti che sono per noi linguisticamente incomprensibili, ma segnicamente seducenti; tale fitta scrittura è posta come un velo a ricoprire la profondità sacrale della tela, da cui traspare il volto di un Buddha assorto in meditazione. In altri interessanti dipinti, la calligrafia disegna delle immagini antropomorfe e ieratiche; poste su uno sfondo assolutisticamente aureo, queste figure adorano una sfera centrale, pulsante e madreperlacea, che è rappresentazione del Tutto. Queste opere, profondamente iconiche, sono di formato quadrato, simbolo della Terra che è complementare alla circolarità della sfera, simbolica del Cielo. La linea informa armoniosamente le figure accovacciate, imprimendo una vibrazione intima e devozionale.