Siamo amici, Roberto e io, tuttavia, porgendo queste sue poesie alla mia riflessione, mi ha rivelato aspetti nuovi, e più profondi, della sua anima. Questo è quello che fa il poeta: apre il suggello dell'anima e lascia che ne sgorghi il liquore della profondità, materia misteriosa, intima e massimamente sensibile. Egli ci avverte di non essere poeta, dicendo che “la poesia piuttosto/ talvolta subisco”, e testimoniandolo manifesta, con semplicità, la verità più alta. Infatti nessuno è mai poeta, o artista; è la Poesia che, quando trova un cuore sensibile, può manifestarsi. Gaudì, il grande architetto/artista catalano, affermava risolutamente che l'uomo non può creare, ma è la Natura a farlo per suo tramite. Siamo noi stessi parte integrante del grandioso spettacolo della Creazione, e immersi in un kosmos multidimensionale, rutilante di essenze, vibrazioni e emozioni; tutta questa vita fermenta inesauribilmente, governata dall'Ispirazione che porta ogni seme a fioritura, anche i semi volatili della Poesia.
Chi rimane schiacciato dalla routine e dall'estraneazione di sé è costretto a dimenticarlo, ed è quindi un cattivo giardiniere, che seppellisce il proprio giardino con le macerie cementizie della mente. Al contrario, il pregio dell'artista è quello di rassodare il terreno e attendere fiduciosamente i fiori, cosa che si può fare solo vivendo, e vivendo intensamente. Il poeta è un coraggioso che non si risparmia, che si getta con delizia nel vortice delle emozioni, ben sapendo che ogni volta è una nuova iniziazione. Che ogni volta ne verrà trasformato, provando l'eccitazione indicibile dell'appartenenza, sentendosi parte vibrante di un Tutto ma con la consapevolezza che tutto è, al contempo, dentro e al di fuori di noi stessi, che tutto ci vive e ci riguarda, e insieme può essere contemplato: un sincretismo misterico che appicca il fuoco interiore. Un fuoco dolce ma indomabile, il quale sospinge all'alchimia del senso poetico, che solo dopo mille risacche dell'anima può spiaggiare, con innocenza, sulla carta. È il canto di una fame atavica di rivelazione, che nulla potrà mai colmare, tanto che Roberto dice: “non posso saziare questa fame infinita”; infatti non si può venire a capo dell'immenso mistero della Vita, però si può viverlo e cantarlo. Ed è questa la somma ispirazione che si può trarre dagli scritti di ogni vero poeta: una seduzione a vivere più intensamente, aprendo occhi capaci di cogliere i mille piccoli/grandi miracoli.
Un aspetto che mi ha particolarmente colpito delle poesie di Roberto, è l'agire diretto degli elementi naturali; sono questi - com'è, con versi meno drammatici, anche nell'haiku giapponese - a provocare le visioni del poeta. Egli si espone all'aria, al raggio di sole, al chiarore argenteo della luna, al flusso dell'acqua, traendone una maestria d'evocazione poetica. Per cui giustamente scrive: “non nasce dal petto questo canto/ ma dal ramo assetato di sole”. Roberto, proprio come un ramo, sta piantato in terra e disteso nel cielo; non si arroga l'arbitrio di una scelta, e si lascia piuttosto permeare dagli influssi naturali: ondeggiando liberamente, traduce il suo stormire di fronde in poesie. Poesie che conservano memoria del vento che le ha attraversate, e del tocco leggero che le ha accarezzate. In questo sono vivamente sensuali, ma con una sfumata qualità di eco, che non cessa di risuonare.
Ed anche, a mio parere, Roberto è poeta che ha memoria delle sua terra natia e delle proprie radici: un mondo popolato d'umanità esuberante quanto riservata, asciutto pur se carico di frutti e di effluvi ammalianti. Un mondo interiorizzato, scavato nell'anima come i suggestivi “sassi” della sua Matera; chi si aggirasse con accortezza in questi percorsi primordiali e tortuosi, può incorrere in visioni forti ed inaspettate, che sono i benefici tranelli con cui l'anima si rivela a se stessa. Questo è il mio augurio ai lettori, ed è il complimento che posso tributare al mio amico poeta.