Contemplando i quadri di Vincenzo Di Biase, ho veduto fioriture del magma metaforico del “sentire”, viaggiante sull'ala di un'alta ispirazione; vi ho trovato diagrammi ed indicazioni attive di vastità lineari, comunque narrazioni dell'impalpabile tessuto dell'anima. Senza le obbligazioni della memoria, bensì con la sincera rispondenza del qui-e-ora. Mi sono innamorato del fremito armonico ed inesauribile, riconoscendovi il respiro misterioso della Vita che muove albe e tramonti.
Si va naturalmente a ritroso sui percorsi dell'Arte, sino all'epica rottura della forma operata, ad esempio, da Pollock. Ma quel caos, allora devastante, ha trovato nella pittura di Di Biase un'evoluzione naturale, agganciandosi a codici arcanamente numerici che ne informano fluidamente il tessuto plastico. Nei trascorsi del suo insegnamento matematico, l'artista deve aver respirato l'infinitezza pitagorica, trasfondendola quindi nell'Arte con una visione vertiginosa eppure sostanzialmente esatta: non si soccombe alla grandiosità immanifesta, ma si resta coesi nella rispondenza minuta del particolare. La saggezza numerologica si esprime con modulazioni calligrafiche che potrebbero richiamare i writing di Tobey, ma in modo più bacchico. Vi è comunque presente il sapore del Mito, che rinunciando all'illusione della forma si trova ad essere ancor più possente.
Tra gli scorci mistici di questa pittura, ammicca il fugace sorriso del vate; ciò esulta nelle danze del pennello, manifestandosi con invenzioni di luce, espanse con onde armoniose ed imprevedibili; tuttavia resta incognito, celandosi proprio nei fasti dell'immaginazione. L'ho visto giocare con se stesso – in puro divertimento – aprendo miriadi d'occhi rotondi che richiamano la cauda pavonis achimistica. In questa pittura positiva l'anima si rinfranca, riconciliandosi al di là dei limiti dello spazio-tempo; visitando il dentro e il fuori, con sensualità sacrale, si incanta in aggregazioni cromatiche che evidenziano i poteri del Numen e l'annunciazione del principio cosmico dell'Unità.
E come il Principio Unico si divide nella Creazione, formando Yin e Yang, il Femminile e il Maschile, nello stesso modo l'opera di Vincenzo Di Biase mostra due volti diversi e polari, simbolicamente rappresentativi di anima e animus. In alcuni dipinti assistiamo a sequenze numeriche del colore e dell'esplosione della forma, a un'impressione di stimoli costruttivi, seppure eversivi, che vengono programmaticamente inquadrati. Invece in altre opere ci immergiamo pienamente nei flussi femminei delle acque vitali, ove tutto trasmuta con mercuriale languore, e in cui la numerologia è superata, mostrando puramente la forza ingovernabile che vi era contenuta. In entrambi i casi, la logica è sublimata in filosofia senza nome, che anticipa se stessa nel mistero primigenio dello stupore.
Credo che l'aspirazione segreta di questo artista sia quella di riuscire a fondere insieme, in se stesso quanto nel suo lavoro, la duplice ispirazione dello Yin e Yang, con una comprensione cabalistica delle leggi arcane da cui è fondata la Creazione, al fine di tornare spiritualmente alla Sorgente. Questo sogno intuitivo appartiene ad ogni essere umano, acceso dalla scintilla divina che tende a realizzare nell'uomo la stupefacente ricchezza della propria Presenza.